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Rugby – Elezioni, Giovanelli: la Fir è ferma a 30 anni fa

Mag 30, 2024

Massimo Giovanelli è per ora l’unico antagonista di Marzio Innocenti nella corsa alla Presidente della Federazione. Una volta unita, i due hanno ‘rotto’ ogni rapporto dopo pochi mesi, vale a dire appena Massimo Giovanelli ha notato discrasie tra il programma su cui era stata impostata la campagna elettorale e le decisioni prese nei primi mesi di presidente. A lui abbiamo rivolto qualche domanda su cosa intende fare per il rugby italiano.

La formazione di una Lega, primo punto del tuo programma, è gia stato realizzato lunedì scorso a Viadana, con la costituzione della Lega dei clubs e l’elezione alla presidenza di Giulio Arletti. Cosa ne pensi?

Oggi la Federazione italiana Rugby , salvo poche aggiunte, funziona di fatto come trent’anni fa, prima dell’ingresso al Sei Nazioni. C’era bisogno di un rinnovamento che non c’e’ stato.  Affidare l’organizzazione dei massimi campionati ad una Lega, significa strutturarsi, avvicinandosi ai maggiori sport, liberando al tempo stesso risorse e competenze da investire nei campionati minori, sul radicamento del rugby in Italia, sul rugby femminile e sul Seven.

Quando hai presentato il tuo programma hai parlato di progettualità integrata; qual’è il tuo obiettivo?

Raggiungere la quota di 100 000 tesserati entro il primo mandato, che reputo il punto di partenza per rendere sostenibile  la nostra partecipazione a Six Nations,  Mondiali, partecipazione olimpica con il  Seven,  URC.

Quali sono i punti di programma per raggiungerlo?

Progetto scuola permanente a livello nazionale, una comunicazione integrata ed efficace, investimenti strutturali  sull’impiantistica, la formazione di dirigenti, tecnici ed arbitri, un piano strategico per lo sviluppo del rugby al Sud.

Al punto tre parli di “cessione della franchigia federale; con quale percorso lo immagini?

Così come è stata pensato, il progetto di una franchigia federale non può avere sostenibilità in termini economico-gestionali, tanto meno  di risultati sportivi, diventato da tempo una centrale costi di difficile controllo. Verrà posta sul libero mercato,  ai fini di aprire ad una pluralità di investitori, con il vincolo di garanzie reali e concrete sulla gestione.

La costituzione della Lega dei clubs rappresenta una vera e propria innovazione per il movimento rugbystico italiano; sul versante Fir, quali sono le linee guida per una riforma strutturale della sua operatività?

La modernizzazione e l’attualizzazione dell’operatività della nostra federazione è’ la madre di tutte le riforme; non credo ai proclami, né agli uomini forti, quanto piuttosto ad una concertazione seria, per obiettivi. Nel processo di conformazione della colonna portante del nostro movimento, il Coni dovrà avere un ruolo essenziale in termini di apporto di competenze e di supporto; occorrerà infatti pensare a delle sottostrutture permanenenti che lavorino a progetti specifici, di cui la scuola e la comunicazione sono solo degli esempi. Serve ripensare al ruolo ed all’operatività dei Comitati Regionali,  motore operante nei territori di riferimento, apportando progettualità, competenze ma soprattutto in supporto ai clubs in termini di consulenze fiscali, gestionali e tecniche, in riferimento agli interventi legati all’impiantistica.

La domanda che tutti farebbero: dove troverete le risorse economiche per una progettualità così articolata?

Senza progettualità non possono nascere partenariati o sponsorizzazioni, vedi alle voci scuola o sviluppo del rugby al sud; dovremo “investire” sulla comunicazione, per dare visibilità ai sostenitori delle realtà di alto livello, come dei territori. Attiveremo percorsi etici di riqualificazione socio-territoriale, dove sia il Governo che gli Enti locali avranno un ruolo determinante per promuovere i valori dello sport, di cui il rugby è un campione assoluto.