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A.A.A. Nazionale cercasi

Mag 6, 2021

di Armando Forgione

Lo abbiamo detto dall’inizio, ossia da quando è partita questa avventura: lo scopo del gruppo di Pianeta Rugby sarebbe stato quello di stimolare discussioni intorno al mondo ovale, uscendo dalla logica del “noi e gli altri” che, finora, lo ha regolato, mantenendo sempre alta l’attenzione sul rugby italiano, anche quando “l’alto livello”, la cui massima espressione è la Nazionale, è fermo.

Ed è proprio dalla Nazionale che vogliamo partire, in questo momento in cui si parla tanto, e in ogni dove, di una “ristrutturazione” sia a livello di staff che di giocatori.

Un dato è sotto gli occhi di tutti, soprattutto all’estero dove, con ormai cadenza annuale, su tutti gli organi di stampa ci si chiede se sia giusto o meno che l’Italia faccia ancora parte dell’élite europea (il 6 Nazioni, per capirci) o se debba cedere il passo, dati i risultati non proprio esaltanti nel Torneo più antico del mondo, a qualche altra nazionale “emergente”.

Qui, la risposta, per parafrasare un famoso trio di comici partenopeo, nasce spontanea: non ci sono altre nazionali, che non siano la nostra, all’altezza del torneo. E la riprova l’abbiamo avuta un paio di anni fa nel test match stravinto dagli Azzurri con la Georgia (la principale pretendente).

Questo però non deve spingerci a cullarci sugli allori e ci impone una domanda, anzi…

LA DOMANDA: “Cosa fare per onorare al meglio questo Torneo e, nel giro di qualche anno, interrompere la collezione di cucchiai di legno che, volenti o nolenti, dati alla mano stanno allontanando anche il pubblico dello Stadio Olimpico?”.

Con questa prospettiva, nello spirito che guida dalla sua nascita il gruppo di Pianeta Rugby, anche noi ci siamo messi al lavoro, per essere di supporto e di stimolo, ma anche per far sorgere qualche dubbio, al nuovo governo federale con qualche spunto di riflessione.

Il nostro focus di oggi vuole prendere in esame la “materia prima” della Nazionale, ossia i giocatori: il CT Franco Smith, a differenza dei suoi predecessori, ha voluto quasi ricominciare da zero, valorizzando tanti giovani giocatori. Una iniziativa sicuramente lodevole e lungimirante nell’ottica di un vero e proprio progetto di rifondazione azzurra, proprio così come è successo con la Francia che, proiettata al mondiale casalingo del 2023, ha rinnovato i ranghi profondamente, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Si è sperato, fino alla fine, che anche per la nostra Nazionale sarebbe stato così ma, purtroppo, i fatti hanno detto altro: troppi, giocatori utilizzati con un turnover che a volte è sembrato quasi compulsivo tra Test match novembrini e Sei Nazioni, con giocatori che si sono affacciati in azzurro e poi spariti o, peggio, che hanno dato il benservito alla causa.

Gli esempi sono vari, a partire da Renato Giammarioli, terza linea/ala delle Zebre, che in Pro14 ha avuto una stagione di tutto rispetto, ma che non è bastata affinché venisse preso in considerazione in chiave azzurra; così come il seconda linea Cristian Stoian, al quale è stata fatta semplicemente “odorare” la maglia azzurra facendolo scendere in campo per pochi minuti, per poi scomparire completamente nel dimenticatoio.

Continuiamo con Callum Bradley, il mediano di mischia quasi mai nel XV iniziale della franchigia di appartenenza (Benetton) ma meritevole di una maglia della Nazionale. Anche a scapito di altri giocatori giovani, (magari non solo equiparati), frutto delle nostrane Accademie, come ad esempio Panunzi, Fusco o Albanese. Altro “caso” è quello riferibile al fatto di aver tenuto poco in considerazione una giovane ala delle Zebre come Pierre Bruno, a vantaggio di Luca Sperandio, sicuramente un buon giocatore ma che, e non siamo i soli a pensarlo, ha fornito prove alquanto opache nelle sue apparizioni in azzurro.

Per non parlare della gestione del “capitale umano”, con due casi a nostro dire più che emblematici: il primo quello di Marco Fuser, il seconda linea in forza agli inglesi del Newcastle, contattato via sms per far parte del gruppo azzurro, ma mai visionato di persona dal CT Smith; il secondo, forse il più eclatante, riguarda quello che, a detta di tutti, è l’unico giocatore internazionale in grado di fare la differenza, ossia Matteo Minozzi, allontanato dal raduno azzurro e mai più preso in considerazione, in seguito al suo rifiuto di rispondere ad altre convocazioni. Il giocatore aveva addotto una stanchezza fisica e mentale, dovuta al difficile momento del lockdown, salvo poi scendere in campo con il suo club di appartenenza (gli Wasps) poche settimane dopo, fornendo una prestazione tale da non sembrare così “stanco” come aveva dichiarato in precedenza. La gestione di quest’ultimo caso, probabilmente, non è stata delle migliori né da parte del giocatore, né tantomeno da parte della FIR.

Un approfondimento particolare merita poi la gestione dei giocatori delle Franchigie (sulle quali ci riserviamo prossimamente ulteriore nota di commento), troppo spesso illusi circa il loro futuro professionistico e, allo stesso tempo, non abbastanza stimolati per rendere ancora più performanti le loro prestazioni. In questo caso, la sicurezza del posto in una Franchigia riteniamo non debba essere la sola premessa per far parte del giro della Nazionale.

Un’ultima considerazione, riferita ai CT della Nazionale che hanno preceduto Franco Smith negli ultimi 10 anni: nessuno, ripetiamo nessuno, si è mai degnato di seguire le squadre del massimo Campionato, né tantomeno di dare suggerimenti agli allenatori perché impostassero i programmi di allenamento delle squadre in linea con quelli della Nazionale. Alla stessa stregua, nessuno ha mai avuto un confronto aperto con gli allenatori dell’attuale Top 10 e, prima ancora dell’Eccellenza, per parlare dello stato di salute e dei progressi tecnici dei giocatori di “interesse nazionale”.

Questo collegamento, che noi riteniamo indispensabile ed opportuno, tra CT ed il massimo Campionato italiano, purtroppo è mancato del tutto ed è evidente che così facendo sono stati ignorati ed accantonati numerosi atleti che avrebbero potuto, se seguiti costantemente, sviluppare al meglio le proprie potenzialità.

Tutte queste, che potrebbero sembrare solamente critiche non costruttive, ci piacerebbe che invece venissero intese semplicemente come spunti da chi, innamorato pazzo di uno sport bellissimo come il rugby, pensa che lo stiano allontanando a forza dalla sua amata.

In altre parole, auspichiamo che spariscano quei Don Rodrigo, che attraverso pavidi don Abbondio, tramano per non far stare insieme Renzo e Lucia.